L’ANTAGONISTA NELLE FAN FICTION POTTERIANE
Creare per il proprio eroe un antagonista credibile è una delle sfide più difficili per chi affronta la scrittura.
Nel caso delle fan fiction si può usare una comoda scorciatoia, utilizzando qualche Mangiamorte già creato dalla Rowling o lo stesso Voldemort.
Questa soluzione è però anche la meno creativa, e quindi la meno soddisfacente. Perché invece non creare un Mangiamorte nuovo di zecca? Oppure un mago dedito alle Arti Oscure, anche se non direttamente affiliato a Voldemort e ai suoi seguaci? O addirittura, un mago oscuro che si pone in antagonismo con Voldemort? Gli spunti, come si vede, sono molteplici, ma in questo caso, per fare un ‘cattivo’ credibile e non una semplice ‘figura di cartone’ senza spessore, ci vogliono alcuni accorgimenti.
Anzitutto, il pubblico deve percepire il cattivo come una minaccia concreta e inevitabile sul cammino dell’eroe-protagonista (sia che questo ruolo venga rappresentato da Harry o da qualcuno dei suoi compagni oppure da qualcuno dei maghi dell’Ordine della Fenice, anche di vostra invenzione).
Quindi il cattivo deve presentare un mix di caratteristiche come si ritrovano in tutte le persone reali: nessuno è un concentrato di Male puro, persino Voldemort ha offerto a Lily di salvarsi la notte del massacro a Godric’s Hollow, quando era ormai era diventato l’apoteosi di un mago oscuro, e tutto ciò solo per accontentare la richiesta di Piton.
Bisogna inoltre tenere presente che i percorsi mentali del cattivo, che a noi appaiono giustamente aberranti, a quest’ultimo sembrano perfettamente coerenti, proprio perché il suo cervello ragiona in una sorta di ‘cortocircuito’, per cui se per un cervello normale il presupposto A conduce alla conclusione A1, per quello di un cattivo conduce alla conclusione B secondo un percorso distorto ma che, pur nella sua distorsione, ha una logica interna.
Da questo discende che le azioni del cattivo non devono essere guidate semplicemente dal desiderio di fare del male di per sé o comunque da azioni totalmente scollegate fra loro. C’è sempre una ragione sottesa alla azioni umane (giusta o sbagliata che sia) e, anche se il cattivo fosse completamente matto, un esame clinico approfondito mostrerebbe comunque una ”logica” in quel che fa, per quanto incomprensibile dall’esterno. Spesso, nella percezione comune, un matto è qualcuno che fa qualcosa senza motivo, mentre il realtà non è mai così e procedendo in questo modo avremmo un classico matto di cartone, lo stereotipo dello scienziato pazzo che vuole distruggere tutto solo “perché è pazzo”. Si tratta evidentemente di una tautologia che dunque non fornisce alcuna profondità psicologica al personaggio che si tenta di creare.
I criminologi sanno bene che quei detenuti che vogliono farsi passare per matti per evitare la detenzione, spesso incorrono in errori di questo tipo e dunque, per provare che sono matti, rispondono ai medici in modo palesemente contrario al buonsenso, ma senza alcun fondamento. Un classico dei test di questo tipo è la domanda sul colore della neve: la casistica medica ci dice che il ‘peracottaro’ che si finge matto dirà, nella maggioranza dei casi, che la neve è nera. Solo perché il nero è il contrario del bianco e, secondo una concezione diffusa, il matto fa le cose normali a rovescio. La pazzia invece segue sempre un proprio filo interno, per quanto deviante e assurdo (e a volte dagli effetti condannabili) possa risultare a una psiche normale: dunque è importante non incorrere nel medesimo svarione di cui sopra.
Un esempio eclatante e sicuramente esasperato, ma valevole per illustrare immediatamente il punto: un personaggio che desse fuoco alle case perché detesta mangiare i cavolini di Bruxelles, non avrebbe alcuna coerenza interna. Se è un piromane che si concentra sulle abitazioni è perché queste ultime, per lui, hanno qualche valore simbolico (che dovrete costruire e a un certo punto della storia dovrete mostrare) e perché il fuoco ne rappresenta un altro (che dovrete costruire e altresì mostrare) e infine perché il vedere bruciare qualcosa gli provoca una determinata sensazione piacevole per via di un terzo motivo riposto nel segreto della sua psiche (che dovrete costruire e mostrare).
Guardate quel che ha fatto la Rowling nel Principe Mezzosangue: ci ha mostrato un Tom Riddle in cui la brama di potere e il narcisismo crescono man mano che egli apprende nuovi saperi e ha illustrato, inanellandoli con coerenza e grazie all’ottimo espediente letterario del Pensatoio, gli episodi che rappresentano pietre miliari di questo cammino psicologico. Il desiderio di autoaffermazione per dominare chiunque e qualunque cosa, è quindi l”elemento scatenante che lo porta a immergersi sempre più nelle Arti Oscure e a schiacciare chi gli sta intorno. E un tale desiderio nasce e si sviluppa sul terreno più adeguato: un anonimo orfano che si sente diverso e migliore rispetto agli altri bambini, che cova vendetta verso il padre che l’ha privato di tutto e che identifica la stirpe di quest’ultimo come responsabile finale dei propri malesseri.
Una buona psicologia del cattivo sarà inoltre uno dei fattori di ‘presa’ sul lettore: egli vorrà cercare con tutte le sue forze di capire con che razza di assurda logica proceda questo personaggio, poiché entrare nella sua ottica gli può permettere di indovinare quali azioni il cattivo ha in serbo contro l’eroe.
Per chiudere, la ciliegina sulla torta: ricordiamoci l’affermazione della Rowling, quando dice che un cattivo convincente deve macchiarsi dell’uccisione di personaggi amati dal pubblico.