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MARINA LENTI

Dal 2009, curiosità e approfondimenti sul mondo di Harry Potter e sul genere Fantastico

THE CASUAL VACANCY (IL SEGGIO VACANTE): LA RECENSIONE

Ho faticato moltissimo a leggere The Casual Vacancy: il fatto che ci abbia impiegato due mesi laddove di solito mi bastan

o pochi giorni, è altamente indicativo della pesantezza di questo lavoro. E se non fosse stato un romanzo di J.K.Rowling, che per via di questo sito dovevo comunque leggere, lo avrei piantato dopo le prime 30, insopportabili, lumacose pagine.

Se dovessi fare una valutazione anobiiana in stelline, dove una è il minimo e cinque il massimo, fino a metà libro gliene avrei data una; una seconda se la guadagna nella seconda metà; un’altra mezza nelle ultime 20 pagine. Non si tratta dunque, alla fine, di un punteggio molto lusinghiero e infatti a fine lettura resta molto amaro in bocca.

Cercherò di mettere assieme le idee senza fare spoiler, anche se per questo motivo alcune affermazioni potranno sembrare generiche a chi non ha ancora letto il libro.

La prima osservazione è che The Casual Vancancy è un libro crudo, sia nei contenuti che nel linguaggio. Nel contenuti perché parla di incesto e stupro; di mariti e padri abusivi; di gente che spaccia e di gente che ruba, ricetta e si prostituisce per una dose di droga; di sesso e gravidanze adolescenziali assolutamente non consapevoli; di autolesionismo psicotico; di bambini abbandonati a se stessi, seviziati nel corpo e/o nello spirito…

L’impressione è che la Rowling abbia voluto strafare, calcando esageratamente la mano in entrambi i sensi – forse per scrollarsi di dosso l’ombra di autrice per ragazzi – finendo a volte per dipingere situazioni francamente grottesche e dialoghi inverosimili e ridicoli.

La seconda osservazione è che avrebbe richiesto la metà delle pagine. Perché la storia – dopo le due prime pagine di partenza ‘col botto’ (la morte di un personaggio che tuttavia rimarrà ad aleggiare sull’intera opera) si avvia solo attorno a pagina 240 mentre, nelle pagine precedenti, la Rowling sceglie di presentarci i numerosi personaggi descrivendo in dettaglio le loro minuzie quotidiane. L’intento è evidentemente quello di far emergere a poco a poco, attraverso dialoghi e gesti di tutti i giorni, i loro profili psicologici, ma l’effetto è purtroppo quello di annoiare e deprimere a morte il lettore, complice anche la piccolezza morale e intellettuale dei suddetti personaggi, per le sorti dei quali non si prova il benché minimo interesse fino almeno a metà volume.

In particolare, nel corso delle prime 60 pagine i personaggi introdotti sono così tanti che si è spesso costretti a tornare indietro per rammentare chi sia chi, un fattore che non contribuisce a rendere agevole la lettura.

Infine, è da notare che la Rowling continua a interrompere la narrazione con pagine di retroinformazioni la cui natura ‘infodumposa’ non tenta nemmeno di nascondere, evidenziandola anzi col ricorso alle parentesi. E siccome queste parentesi si aprono e si chiudono spesso dopo due o addirittura tre facciate, viene da chiedersi se l’editor non sia rimasto in pausa caffé un po’ troppo spesso, perché qualunque altro autore – di fronte a un simile, pigrissimo, amatoriale espediente – verrebbe subito cestinato a morte.

La terza osservazione è che si tratta, prevalentemente di una storia di donne. Ci sono, invero anche mariti/partner e figli/e, ma i primi servono da contrasto per evidenziare i tratti delle compagne e i secondi per mostrare gli effetti delle loro scelte. E si tratta di una sequela di donne e madri francamente atroci, in maggiore o minore grado. Abbiamo così l’immatura e narcisista Samantha Mollison, la morbosa e impicciona Shirley Mollison, l’iperprotettiva e miope Tessa Wall, la disfunzionale Terri Weedon, la succube Ruth Price, la competitiva e arida Parminder Jawanda, l’egoista ed eternamente lagnosa Mary Fairweather,  la velleitaria Kay Bawden

L’unica figura femminile apparentemente positiva, una nonna (Nana Cath) che cerca di alleviare le sofferenze di nipote e bisnipote, risulta  a ben vedere una nonna perdente, così come è stata, prima ancora, una madre perdente che ha prodotto un figlio psicotico: manesco al limite dell’omicidio e dalle tendenze incestuose. Anche Nana Cath è perdente perché – pur provandoci – non riesce a completare il cammino intrapreso a difesa della sua progenie più debole e alla fine si arrende prematuramente, consegnandola a un destino orrendo prima di averla messa in grado di continuare quel cammino da sé.

La quarta osservazione è che, dopo aver esperito la mostruosa lentezza del romanzo, nelle ultime 80 pagine succede improvvisamente il finimondo e finalmente il lettore esce dal torpore e riesce a interessarsi un po’ alle sorti di alcuni dei personaggi che, fin lì, ha solamente ‘subìto’.

L’epilogo ha un sapore da fumettone croniniano che probabilmente non sortisce l’effetto voluto, ossia quello di commuovere il lettore. Infatti l’effetto commozione scatta, invero, non tanto per gli avvenimenti tragici descritti, quanto per alcuni cambiamenti radicali che essi producono in alcuni dei personaggi. Personalmente, ho trovato toccanti anzitutto la maturazione della, fino a quel momento, odiosa e superficiale Samantha Mollison; poi quella della figlia minore della famiglia Jawanda e infine, il brusco risveglio di Tessa Wall.

Altri personaggi, come Shirley Mollison o Ruth Price, rimangono invece sostanzialmente ciò che erano, il che porta a pensare che la loro meschinità e/o ottusità sia irrisolvibile anche qualora gli scoppiasse una bomba atomica in giardino. Detta in parole povere: oche e povere di spirito senza rimedio.

La quinta e ultima osservazione è che, in tutto questo dettagliatissimo collage, la Row non dà l’impressione di rispondere al quesito fondamentale che sembra essersi posta: a parità di ambiente, cosa fa diventare vincente o perdente una persona, quando a entrambe siano state date le chance di dimostrare in qualche modo il proprio valore? Perchè Barry Fairweather, l’uomo venuto dai bassifondi e da una famiglia disfunzionale è riuscito a farsi da sé e a conquistare la stima di una vasta parte della comunità, mentre Terri e Krystal Weeedon soccombono vittime della loro terribile storia personale, nonostante – sia pur per breve tempo – abbiano trovato un mentore in grado di mostrare loro che la vita può essere diversa dallo squallore che hanno sempre conosciuto? Esiste forse, per la Rowling, un destino a cui certe persone sono irrimediabilmente condannate, non importa chi o cosa si ponga sulla loro strada?

In particolare su questo punto cruciale ho trovato il libro parecchio deludente, perché il lettore viene lasciato in balia del quesito senza che l’autrice gli fornisca gli strumenti per arrivare a una conclusione in merito a quale sia la di lei visione. Così l’interessante domanda resta a galleggiare nel vuoto e il senso della pubblicazione di questo romanzo resta un mistero irrisolto.

In conclusione, dubito fortemente che, se un esordiente avesse proposto un lavoro del genere a una casa editrice, questa l’avrebbe preso minimamente in considerazione. E men che meno avrebbe fatto il clamore che ha fatto, considerato anche che, nonostante la firma celebre, The Casual Vacancy pare aver soddisfatto solo una minoranza di critica e di lettori.

 

 

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