LA BIBBIA E’ PIU’ ‘SWORD&SORCERY’ DI HARRY POTTER
In un articolo assai provocatorio apparso su Capitalism Magazine, testata on line di orientamento liberista, il giornalista Wayne Dunn ha affermato che “se siete preoccupati del fatto che il vostro bambino sia ossessionato dalla magia, non è da Harry Potter che dovete guardarvi ma dalla Bibbia”.
J.K. Rowling, autrice della saga del maghetto, fa infatti espressa dichiarazione di scrivere ‘fiction’ e propugna ideali di vittoria del bene contro il male. Si tratta dunque di trasferire semplici tematiche quotidiane su un terreno insolito, proprio come fece Melville portando sui mari una storia di autodistruzione innescata da una brama di vendetta.
Secondo Dunn, leggere Harry Potter non avvicina quindi alla magia più di quanto Moby Dick avvicini alla caccia alle balene.
I Cristiani, invece, insegnano ai propri figli che il contenuto della Bibbia è una Verità ispirata dal divino. Ma, per l’autore, questo libro è infarcito di ‘sword and sorcery’ più di qualsiasi cosa che la pur fervida immaginazione della Rowling possa aver generato.
Per esempio, la formula con cui, nella Genesi, viene descritto il primo passo della Creazione (”Sia la luce!”) non differisce minimamente da un qualsiasi ‘abracadabra’ scandito da un’entità onnipotente.
Ancora, nel Giardino dell’Eden siamo in presenza di un serpente parlante che induce Adamo ed Eva, creati rispettivamente da polvere e ossa a mangiare un frutto proibito. A questo consegue la cacciata dei due dal Paradiso Terrestre, che viene sigillato da una spada fiammeggiante.
Dunn continua l’elenco, nominando per esempio la ‘fabula’ di Noè che accoglie nell’arca le coppie di tutti gli animali viventi; il giornalista affronta quindi l’episodio della Torre di Babele con toni che agli occhi di un credente appariranno blasfemia, paragonando l’ira di Dio nei confronti dei suoi edificatori al medesimo stato d’animo che mosse i terroristi dell’11 settembre durante l’assalto alle Twin Towers. Anche qui viene sottolineato il ricorso alla ‘magia’, poiché Dio rese incomprensibile la comunicazione umana inducendo le persone a parlare con idiomi diversi l’uno dall’altro.
Dunn continua il suo elenco con riferimenti molto circostanziati alle fonti, includendo la perdita di forza di Sansone dopo il taglio dei capelli, la divisione del Mar Rosso da parte di Mosè, la trasformazione dell’acqua in vino alle Nozze di Caana e molti altri episodi in cui il ’soprannaturale’ assomiglia molto al ‘magico’.
La conclusione dell’autore è che se il fine è quello di insegnare la morale ai bambini evitando che assumano per veri certi eventi magici, allora è molto più salutare e desiderabile tuffarsi nelle virtù astratte propugnate da J.K. Rowling e promosse attraverso l’onesto, coraggioso e perseverante Harry Potter, piuttosto che immergersi negli scenari della Bibbia. Un libro che, fra l’altro, non è esente da numerosi episodi cruenti e crudeli come il massacro di donne e bambini in Numeri 31:1-18, veramente poco edificanti ai fini educativi.
Come si è detto in apertura, i toni di Dunn sono chiaramente provocatori, ma una cosa è comunque scientificamente assodata, a sostegno del suo approccio critico: nella Bibbia confluiscono molteplici matrici mitologiche e allegoriche che, prese per oro colato, possono indurre a grossi equivoci qualora non si sia in grado di discernere correttamente in quali parti si annidino simbologie ataviche mutuate addirittura da tradizioni religiose precedenti al Cristianesimo.
Affrontare dunque qualsiasi lettura ‘cum grano salis’ resta sempre una buona norma e, nel caso di opere complesse come la Bibbia, la verità è che si tratta di letture che andrebbero affrontate con l’ausilio di esperti di mitologia, simbologia e antropologia. Diversamente, non si tratterà di una lettura critica, bensì semplicemente fideistica, con tutte le conseguenze del caso.